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"Date a Cesare quel che è di Cesare"

  Secondo le diverse versioni del racconto, alcuni personaggi decisero di mettere in difficoltà Gesù chiedendogli se gli Ebrei dovessero o meno rifiutarsi di pagare le tasse agli occupanti Romani. Nel   Vangelo secondo Luca   si specifica che, evidentemente attendendosi che Gesù si sarebbe opposto al tributo, essi intendevano «consegnarlo all'autorità e al potere del governatore», che all'epoca era   Ponzio Pilato   e che era responsabile della raccolta dei tributi. I   vangeli sinottici   raccontano che gli interlocutori si rivolsero a Gesù lodandone l'integrità, l'imparzialità e l'amore per la verità, poi gli chiesero se fosse o meno giusto per gli Ebrei pagare le tasse richieste da Cesare. Gesù, dopo averli chiamati ipocriti, chiese loro di produrre una moneta buona per il pagamento   e poi di chi fossero nome e raffigurazione su di essa; alla risposta che si trattava di Cesare, rispose «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (il   Vang

Il Dogma dell' Immacolata concezione


Nella storia dei dogmi, quello dell’Immacolata Concezione reca con sé una peculiarità che lo rende unico: la sua definizione per opera di Pio IX, nel 1854, nasce non tanto dalle attestazioni scritturistiche o dalla tradizione più antica, quanto, e qui sta il tratto di unicità, dall’approfondimento del sensus fidelium e del Magistero.
La Dei Verbum 8 sembra essere il testo che meglio risponde al contesto che ha generato la definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione: e’ lo Spirito Santo che matura il sensus fidei del popolo cristiano tanto da renderlo capace di una percezione spontanea del dato rivelato e di una maturazione interiore del dato stesso grazie alla riflessione, all’esperienza e alla predicazione.
Nella storia del dogma dell’Immacolata Concezione è certo che vi è una precedenza assoluta del sensus fidei sulla Teologia che ha, invece, indugiato sui pro e i contra del privilegio mariano.
Nei primi secoli del Cristianesimo nella dottrina dell’Immacolata Concezione è il parallelismo tra Eva e Maria, secondo una duplice relazione di somiglianza e di opposizione.
Sulla base della prima, come Eva fu plasmata senza macchia dalle mani di Dio, similmente Maria doveva essere creata da Dio, Immacolata. Per opposizione, Colei che doveva essere la restauratrice delle rovine di Eva, non poteva essere travolta dal peccato. Tale parallelo è ripreso in maniera molto pertinente ed efficace anche dal concilio Vaticano II, nella costituzione Lumen Gentium.
Nel secolo V, Procolo sostenne un intervento speciale di Dio nella creazione della futura Madre di Dio, perché fosse una creatura nuova, formata “da un’argilla monda” come damo prima del peccato. Questo testo fu stimato tanto degno della dimostrazione immacolista da confluire nel testo della bolla Ineffabilis Deus.
L’altro testo, tratto dal Contra Iulianum di Agostino, è una risposta a Giuliano il quale obiettava al fatto che per Agostino, data l’universalità del peccato originale, anche Maria era assoggettata al potere di Satana. Agostino a queste osservazioni risponde: “… non assegniamo Maria al diavolo per la condizione del nascere, ma per questo: perché la stessa condizione del nascere è risolta dalla grazia del rinascere”. Questa affermazione su Maria fa chiaramente comprendere come per Agostino l’assenza in Maria del peccato originale, sia effetto della grazia di Dio. Nel corso degli anni, l’indagine biblica e patristica si arricchì di nuovo dati, tanto che nella sessione VI del Concilio di Trento (1546) non mancarono coloro che si appellarono alla definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione. Alessandro VII con la promulgazione della Costituzione Sollicitudo omnium Ecclesiarum determinava l’oggetto preciso della festa, precisando che si trattava della preservazione dell’anima della Vergine dalla colpa originale, nel primo istante della sua creazione e infusione al corpo, per speciale grazia e privilegio di Dio, in vista dei meriti di Cristo suo Figlio, Redentore del genere umano.
Sarà proprio questa vivacità del culto mariano che porterà papa Pio IX ad affrontare la questione dell’Immacolata Concezione in vista di una definitiva proclamazione del dogma. L’opinione assolutamente favorevole alla definizione del dogma spinse il pontefice alla preparazione della bolla Ineffabilis Deus con la quale fu definito il dogma della Immacolata Concezione: “Dopo aver offerto a Dio, attraverso il suo Figlio, nell’umiltà e nel digiuno, le preghiere della Chiesa e le nostre, perché si degnasse di dirigere e confermare il nostro pensiero con la grazia dello Spirito Santo, invocando l’aiuto della Chiesa trionfante ed implorando con gemiti lo Spirito Santo stesso, con la sua assistenza, a onore della Santa e individua trinità, – ad onore e decoro della Vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica e per lo sviluppo della religione cristiana, – con l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina la quale ritiene che la beatissima Vergine Maria, per singolare grazia e privilegio di Dio Onnipotente a lei concesso in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, sia stata preservata da ogni macchia di colpa originale fin dal primo istante della sua creazione, è stata da Dio rivelata, ed è perciò da credere fermamente”.
L’Arcidiocesi e la città di Gaeta, come ebbe a dire il Santo Padre Giovanni Paolo II, nella storica Visita del 25 giugno 1989, sono la culla del dogma dell’Immacolata Concezione.
Da qui, infatti, il Beato Pio IX, durante il periodo della sua permanenza a Gaeta (1848), pregando davanti alla bella immagine dell’Immacolata nella Cappella d’Oro, andò confermandosi nella definitiva decisione della proclamazione di quel dogma.
Da Gaeta il 2 febbraio 1849 emanò l’enciclica Ubi Primum, con la quale chiedeva a tutti i Vescovi della Chiesa di esprimere il proprio parere in merito. Il risultato di quel “concilio di carta”, come lo aveva definito San Leonardo da Porto Maurizio, evangelizzatore delle nostre terre, fu la solenne proclamazione del dogma.
Solo quattro anni dopo questa solenne dichiarazione del Papa, quasi a conferma e sigillo, la Vergine Santissima, presso la grotta di Massabielle-Lourdes, in aspetto giovanile e affabile, vestita di candido abito e candido mantello, cinta di una fascia azzurra, alla fanciulla, Bernadette Soubirous, che con insistenza chiedeva il nome di colei che si era degnata di apparirle, elevando gli occhi al cielo e con soave sorriso rispose: “io sono l’Immacolata Concezione”.
Il metodo seguito nella bolla dogmatica, partendo dal consenso attuale della Chiesa e interpretando in questa luce le testimonianze passate, apriva nuove vie alla teologia, largamente seguite da quel momento.
Al momento della definizione, nel 1854, esistevano in tutta la Chiesa latina tre formulari
di Messa e Ufficio, ma Pio IX sollecitato da molti vescovi e per sua decisione ordinò nel 1863 la redazione di un nuovo testo liturgico che rispondesse alla definizione dogmatica e rendesse con precisione la verità definita. Il testo definitivo, preparato da Mons. Bartolini, segretario della Congregazione dei riti, fu approvato il 27 agosto del 1863. La festa fu denominata dell’Immacolata Concezione.

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