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"Date a Cesare quel che è di Cesare"

  Secondo le diverse versioni del racconto, alcuni personaggi decisero di mettere in difficoltà Gesù chiedendogli se gli Ebrei dovessero o meno rifiutarsi di pagare le tasse agli occupanti Romani. Nel   Vangelo secondo Luca   si specifica che, evidentemente attendendosi che Gesù si sarebbe opposto al tributo, essi intendevano «consegnarlo all'autorità e al potere del governatore», che all'epoca era   Ponzio Pilato   e che era responsabile della raccolta dei tributi. I   vangeli sinottici   raccontano che gli interlocutori si rivolsero a Gesù lodandone l'integrità, l'imparzialità e l'amore per la verità, poi gli chiesero se fosse o meno giusto per gli Ebrei pagare le tasse richieste da Cesare. Gesù, dopo averli chiamati ipocriti, chiese loro di produrre una moneta buona per il pagamento   e poi di chi fossero nome e raffigurazione su di essa; alla risposta che si trattava di Cesare, rispose «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è...

Dieci regole da seguire quando si prega



Quando Gesù si ritirava in luoghi solitari per pregare, i discepoli desideravano comprendere cosa facesse, imparare da lui senza disturbarlo, senza turbare la Sua solitudine.

Imparare una preghiera è facile. Si tratta di memorizzare una formula, un modo di recitarla, delle regole da adottare quando la si pronuncia. Ma questo non è che l’esteriorità, e molto spesso l’esteriorità, se fine a se stessa, è inutile. Così come è inutile, o addirittura controproducente pregare per dovere o per paura, temendo eventuali rappresaglie da parte del nostro sacerdote di riferimento o, ancora peggio, da parte di Dio stesso.

La preghiera ha una sua poetica, una bellezza tutta sua, e solo comprendendole si può cominciare a pregare nel modo corretto, rivolgendoci a Dio in modo da essere ascoltati e da trovare in questo momento un’esperienza che ci arricchisca e ci permetta di affrontare ogni giorno nel modo giusto.

La preghiera nasce dalla vita, si amalgama con essa, trae spunto e ne fa parte. In caso contrario, si tratta solo di un esercizio di memoria, di una pratica di devozione vuota e sterile, magari precisa e puntuale nella sua esecuzione, ma vuota di senso, senza cuore e senza amore.

Non è certo così che pregava Gesù. La sua preghiera non si accontentava delle parole, delle formule ben pronunciate. Gesù pregava con il corpo, con la mente, con il cuore, con tutto lo spirito. La sua preghiera era un’esperienza trascendente, che spezzava tutti gli schemi, sovvertiva i sensi, coinvolgeva interamente la Sua persona. Questo è quello che Lui ci chiede di fare quando preghiamo, questo è il segreto della Sua preghiera.

Imitando Gesù, seguendo semplicemente le sue indicazioni, possiamo imparare a pregare in modo corretto. È tutto già scritto, tutto contenuto nelle sue parole semplici e chiare. Infatti Gesù ha detto: “Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: Hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà. Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele crediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro…” (Mt. 6.6)

Pregare è incontrare Dio Padre

Quando preghiamo in modo corretto entriamo in rapporto profondo con Dio, ci mettiamo in condizione di poterlo accogliere e dialogare con Lui, proprio come se incontrassimo un amico. Anzi, un Padre. Usciamo dalla nostra realtà per calarci nella realtà di Dio, nel suo tempo, nel luogo che non è un luogo in cui possiamo trovarci a dialogare insieme.

La preghiera non ha bisogno di ostentazione. Non è spettacolo, ripetizione meccanica. Non ha bisogno di essere vista dagli altri, ammirata, lodata. È un’esperienza intima, che va vissuta nella propria interiorità, nel silenzio e nella quiete della propria stanza, o semplicemente della propria mente, in una solitudine anche solo interiore, ma che ci permetta di entrare in contatto in modo profondo con noi stessi, prima di tutto, e poi con Dio.

La preghiera è una sorta di segreto tra noi e Dio. È un’esperienza basata sul rapporto tra Dio Padre e noi che siamo figli, e dunque richiede una dimensione famigliare, intima, spontanea. La preghiera che viviamo da soli, nella nostra stanza, non è quella che condividiamo con gli altri fedeli nelle celebrazioni pubbliche. La sola cosa che conta è mettersi in relazione con Dio Padre, che sa vedere in noi, nel nostro intimo, e riconoscere il segreto d’amore che custodiamo. Per questo occorre chiudere la porta, lasciar fuori qualsiasi preoccupazione e pensiero che non sia incontrare Dio.

Gesù ci insegna che quando preghiamo dobbiamo rivolgerci a Dio come Padre. In questa parola, Padre, c’è già tutto il senso della nostra preghiera, tutto ciò che essa vuole esprimere e anche ciò che non siamo in grado di esprimere a parole. Chiamare Dio Padre è il preludio di tutto ciò che verrà dopo, delle cose che vogliamo raccontargli, delle confidenze che vogliamo condividere con lui. È con un Padre infinitamente amorevole e buono che ci stiamo aprendo, che stiamo scegliendo di mostrarci come veramente siamo, senza barriere, senza maschere, in totale umiltà e spontaneità.

Pregare è anche Silenzio

Coloro i quali recitano solo con le parole, preoccupandosi solo del numero di preghiere che devono recitare, di cosa devono dire e come dirlo, fanno della preghiera un dovere, un momento di noia, imposizione, monotonia. Chi prega con il cuore e con lo spirito non ha nemmeno bisogno di parole. La sua preghiera spesso è fatta di silenzio, un silenzio che esclude il frastuono del mondo, che lascia fuori il clamore della folla, il chiasso dei pensieri, e permette di accedere a un dialogo privato e segreto, un faccia a faccia prezioso e inestimabile con Dio, e solo con Lui, che non ha nemmeno bisogno di parole per essere consumato.


Pregare non è percorrere una strada in discesa correndo, rotolando come sassi, magari in apnea, fino ad arrivare al traguardo dell’”Amen”, come se si dovesse vincere un premio. Spesso, partecipando a preghiere comuni, si sentono persone che pregano così, quasi gareggiando per vedere chi arriva prima alla fine! Quest’ansia di arrivare, di scrollarsi di dosso il dovere di quelle parole pronunciate troppo in fretta, non appartiene alla preghiera. La preghiera richiede un’attesa, richiede calma, pace, libertà. Per pregare dobbiamo dimenticare il nostro tempo, e adeguarci al tempo di Dio, per il quale mille anni sono un giorno. Noi possiamo solo vivere nella Sua attesa, mettendoci in condizione di accoglierlo quando deciderà di ascoltarci, di colmare la distanza che ci separa da lui, e che non possiamo certo coprire correndogli dietro e strepitando per costringerlo ad ascoltarci.

Pregare dovrebbe essere come passeggiare in una foresta silenziosa, godendo il piacere di ogni passo, assaporando la bellezza di quello che stiamo provando, proprio come se potessimo ammirare lo splendore del fogliame baciato dal sole, ascoltare il canto soave degli uccelli nascosti tra le fronde.

Una preghiera recitata è solo suono. Una preghiera sentita è luce, una luce che ci arricchisce discendendo in noi come pace profonda.

Per pregare in silenzio dobbiamo prima di tutto dimenticare parole, pensieri e fantasie. Tutta la nostra concentrazione, tutta la nostra volontà deve essere rivolta a Dio.

Essere poveri davanti a Dio

Ancora, pregare è dichiararsi poveri davanti a Dio. Ammettere il proprio essere Nulla davanti al suo essere Tutto. È un atteggiamento imprescindibile, perché è con esso che ammettiamo la nostra dipendenza da Dio, il nostro aver bisogno di Lui. Senza Dio tutti i nostri progetti, le nostre speranze, anche le nostre capacità e talenti non sono niente. Essere poveri davanti a Dio significa presentarsi a Lui in totale fiducia, senza possedere nulla se non la nostra Fede. Dio può scegliere di non risponderci, di non mandarci alcun segno. Tutto è incerto, provvisorio, precario. Solo la Fede ci sostiene, la consapevolezza che Dio è infinitamente buono e amorevole e, prima o poi, ci risponderà. Così dobbiamo affidarci a lui, pienamente. Quando preghiamo Dio dobbiamo prima di tutto ricordarci di ringraziarlo per la Sua immensa generosità, per la vita che ci ha donato, per tutte le meravigliose doti con cui ci ha arricchiti. La gratitudine è una grande manifestazione di Fede, e non dovremmo mai stancarci di ringraziare Dio, non solo per noi, ma anche per tutti coloro i quali non lo fanno abbastanza.

Pregare non è immaginare Dio. È comunicare con lui

Quando preghiamo dobbiamo restare concentrati su Dio, ma non raffigurarcelo, non fantasticare su di lui. Il dialogo con Dio non richiede che ci figuriamo di averlo davanti, che gli diamo un volto, un sembiante. È qualcosa da sentire nel proprio intimo, un’esperienza che richiede serenità, calma, concentrazione, per sentire la Sua presenza, per mantenere acceso un contatto altrimenti effimero.

Dobbiamo dargli la nostra massima attenzione, porci interamente in ascolto, con l’animo puro e la mente sgombra da qualsiasi pensiero.

Pregare è ascoltare Dio

Ancora, pregare richiede un ascolto totale e incondizionato di Dio, della Sua parola, della Sua volontà.

Quando preghiamo non siamo noi i protagonisti di quello che sta accadendo: è sempre e solo Dio. Noi ci poniamo in attesa di Dio, in ascolto, per cogliere ciò che Lui ha da dirci, per comprendere quello che si aspetta da noi. Possiamo rivolgerci a lui per chiedere consiglio, per sfogare le nostre sofferenze, per cercare risposte ai nostri timori, ma Lui ci risponderà solo quando saremo disposti ad ascoltarlo, quando ci saremo messi in una condizione di umile attesa della sua parola.

La preghiera è affidarsi alla volontà di Dio

La volontà di Dio è tutto ciò che conta. Amare Dio significa accogliere la Sua volontà come la nostra e accettarla, farla nostra e compierla. È allora che Dio ci colma col suo amore. Quando vogliamo bene a qualcuno cerchiamo di fare tutto quanto è in nostro potere per compiacerlo, per renderlo felice. Per fare quello che lui o lei vorrebbe che noi facessimo. Così deve essere con Dio. Quando lo preghiamo possiamo rivolgergli richieste, domande, sfogare dubbi e rabbia e dolore, ma, alla fine, la sola cosa che dobbiamo fare è affidarci alla sua volontà, fare ciò che Lui ci chiede, senza indugiare.

La preghiera ci dà energia per affrontare ogni prova, ogni giorno

Pregare deve essere anche per noi una sorta di ‘ricarica’ energetica. Quando preghiamo infatti veniamo investiti della potenza di Dio, della sua energia inestinguibile. Lui può donarci il vigore che ci serve per affrontare ogni ostacolo, ogni avversità. Se operiamo nella Sua volontà, se ci affidiamo fiduciosi ad essa, senza fretta, pronti ad aspettare una Sua risposta, Dio ci renderà forti quanto occorre per affrontare ogni ostacolo. Se crederemo veramente nella sua forza diventeremo forti anche noi, invincibili.

Pregare anche col corpo
Il nostro corpo è una macchina meravigliosa, che Dio ha creato perché potessimo sfruttarla al meglio. Purtroppo anch’esso è soggetto a limiti e bisogni, a malesseri e sofferenze, che possono limitarci o addirittura impedirci di pregare. È importante trovare una posizione che concili la preghiera e la concentrazione, che ci permetta di restare fermi e respirare agevolmente per tutto il tempo necessario a entrare in contatto con Dio. Il nostro corpo deve essere solo un altro strumento della nostra preghiera.

Scegliere il luogo e il momento adatti per pregare

È necessario scegliere un luogo, così come un momento della giornata, che possano favorire la preghiera.

La concentrazione è importante, fondamentale, e dobbiamo fare il possibile per evitare di essere distratti da qualsiasi contaminazione esterna. Anche Gesù preferiva isolarsi, sceglieva luoghi desolati e disertati dagli uomini per rivolgersi a Dio Padre. Così dobbiamo fare noi, scegliendo il luogo più congeniale. Allo stesso modo dovremo scegliere un momento della giornata adatto, meglio se sempre lo stesso, per creare un’abitudine che ci regali, ogni giorno, un momento solo per noi e Dio.

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