Secondo le diverse versioni del racconto, alcuni personaggi decisero di mettere in difficoltà Gesù chiedendogli se gli Ebrei dovessero o meno rifiutarsi di pagare le tasse agli occupanti Romani. Nel Vangelo secondo Luca si specifica che, evidentemente attendendosi che Gesù si sarebbe opposto al tributo, essi intendevano «consegnarlo all'autorità e al potere del governatore», che all'epoca era Ponzio Pilato e che era responsabile della raccolta dei tributi. I vangeli sinottici raccontano che gli interlocutori si rivolsero a Gesù lodandone l'integrità, l'imparzialità e l'amore per la verità, poi gli chiesero se fosse o meno giusto per gli Ebrei pagare le tasse richieste da Cesare. Gesù, dopo averli chiamati ipocriti, chiese loro di produrre una moneta buona per il pagamento e poi di chi fossero nome e raffigurazione su di essa; alla risposta che si trattava di Cesare, rispose «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è...
Il dogma del Purgatorio dalla maggior parte dei fedeli è troppo dimenticato: la Chiesa purgante, in cui vivono tanti fratelli da soccorrere o nella quale ben presto passeranno essi medesimi, sembra essere loro affatto estranea.
Una tale dimenticanza, veramente deplorevole, faceva gemere S. Francesco di Sales: «Ohimè! diceva questo pio dottore della Chiesa, noi non ci ricordiamo abbastanza dei cari nostri trapassati, e col suono delle campane sembra pure svanire la loro memoria».
La causa principale di così lacrimevole fatto si trova nell'ignoranza e nella mancanza di fede. Riguardo al Purgatorio abbiamo nozioni troppo indefinite ed una fede troppo debole.
Bisogna dunque più da vicino considerare quella vita d'oltre tomba, quello stato intermedio delle anime giuste, non ancora degne d'entrare nella celeste Gerusalemme, onde ravvivare la nostra fede e formarcene un'idea più distinta.
Ecco lo scopo di quest'opera. Si propone non di provare l'esistenza del Purgatorio a menti scettiche, bensì di farlo meglio conoscere ai pii fedeli, che con una fede divina credono al dogma rivelato da Dio. Ad essi in modo speciale s'indirizza questo libro, per dar loro del Purgatorio un'idea meno confusa, dirò meglio, un'idea più attuale di quella che comunemente se ne ha, lumeggiando il più che sia possibile questa grande verità della fede.
A questo scopo abbiamo tre ben distinte fonti di luce. In primo luogo l'insegnamento dogmatico della Chiesa; quindi la dottrina esplicativa dei santi Dottori: per ultimo le rivelazioni dei Santi e le apparizioni, che confermano l'insegnamento dei Dottori.
1° La dottrina dogmatica della Chiesa riguardo al Purgatorio comprende due articoli che indicheremo in seguito. Questi due articoli sono di fede e devono essere creduti da ogni cattolico.
2° La dottrina dei Dottori e Teologi, o meglio, i loro sentimenti e le loro spiegazioni sopra parecchie questioni relative al Purgatorio, non si erigono ad articoli di fede, e si possono non accettare, senza cessare per questo di essere cattolico; sarebbe però cosa imprudente e temeraria lo scostarsene; ed è secondo lo spirito della Chiesa seguire le opinioni più comunemente insegnate dai Dottori.
3° Le rivelazioni dei Santi, chiamate anche rivelazioni particolari, non appartengono al deposito della fede da Gesù Cristo affidato alla sua Chiesa; sono fatti storici basati sull'umana testimonianza: è permesso di crederli, e la pietà vi trova un salutare alimento. Si possono pure non credere senza peccare contro la fede; ma, se sono provati, non si possono rigettare senza offendere la sana ragione, comandando questa ad ognuno di acconsentire alla verità, dal momento che è sufficientemente dimostrata.
Di due sorta sono le rivelazioni particolari: le une consistono nelle visioni, le altre nelle apparizioni.
Le visioni propriamente dette sono lumi soggettivi, che Dio spande nella mente d'una creatura per iscoprirle i suoi misteri. Tali sono le visioni dei Profeti, quelle di san Paolo, quelle di santa Brigida e di molti altri santi.
Le apparizioni sono, almeno di spesso, fenomeni oggettivi, che hanno un oggetto reale, esteriore. Tale fu l'apparizione di Mosè e d'Elia sul Tabor, quella di Samuele evocato dalla Pitonessa d'Endor, quella dell'angelo Raffaele a Tobia, quelle di molti altri angeli; tali finalmente sono le apparizioni delle anime del Purgatorio.
Ben sovente avvengono le apparizioni delle anime che si trovano in Purgatorio. In gran numero le troviamo nelle Vite dei Santi, anzi talvolta avvengono a fedeli ordinari.
Noi raccogliamo ed al lettore presentiamo quelli fra tali fatti che tornano più opportuni a loro istruzione ed edificazione; li abbiamo scelti nelle Vite dei Santi, come tali onorati dalla Chiesa, e di altri illustri servi di Dio.
Le apparizioni delle anime purganti, dice l'abate Ribet, non sono rare. Dio le permette a sollievo delle anime che implorano la nostra compassione, come anche per fare intendere quanto sono terribili i rigori della sua giustizia per falli da noi talvolta giudicati leggeri.
Spesse volte Dio concesse a parecchie anime sante di vedere e visitare il Purgatorio. S. Caterina Ricci in ispirito scendeva in quel luogo tutte le notti delle domeniche. S. Liduina nel tempo dei suoi rapimenti penetrava nel Purgatorio, e condotta dal suo angelo custode visitava colà le anime nelle loro pene. Ugualmente un angelo condusse la B. Osanna di Mantova attraverso quei luoghi di dolore. La B. Veronica da Binasco, S. Francesca Romana e molte altre ebbero visioni al tutto somiglianti, colle stesse impressioni di terrore.
Più spesso sono le anime purganti medesime che si rivolgono ai vivi e domandano la loro intercessione. In tal modo parecchie apparvero alla B. Margherita Maria Alacoque e ad una moltitudine di altre sante persone.
Le anime del Purgatorio, quando compaiono ai vivi, sempre si presentano in un atteggiamento che muove alla compassione: ora coi lineamenti che avevano in vita od alla loro morte, con una faccia triste, sguardo supplichevole, in abito di duolo, coll'espressione d'estremo dolore; ora come una luce, una nube, un'ombra, una qualunque figura fantastica, accompagnata da un segno o da una parola che le faccia riconoscere. Altre volte manifestano la loro presenza con gemiti, singhiozzi, sospiri, affannoso respiro, lamentevoli accenti. Spesso compaiono circondate di fiamme: quando parlano, manifestano i loro patimenti, deplorano i passati loro falli, chiedono suffragi, od anche fanno rimproveri a quelli che le dovrebbero soccorrere.
Le particolarità da noi addotte bastano per giustificare agli occhi del lettore la citazione dei fatti che troverà nel corso di quest'opera.
Aggiungiamo che il cristiano deve porsi in guardia di essere troppo incredulo intorno ai fatti soprannaturali che hanno attinenza coi dogmi della sua fede. San Paolo ci dice che la carità tutto crede (I Cor., XIII, 7).
Se è vero che la prudenza riprova una cieca e superstiziosa credulità, è altresì vero doversi sfuggire un altro eccesso, quello rimproverato dal Salvatore all'apostolo san Tommaso: Voi credete, gli disse, perché avete veduto e toccato; beati quelli che credono senza aver veduto; non essere incredulo, ma credente (Giov., XX, 27).
Noi, cercando di evitare una biasimevole credulità, abbiamo con una certa libertà raccolti i fatti che ci parvero più avverati e più istruttivi. Possano essi in quelli che li leggeranno accrescere la devozione verso i defunti! Possano nelle loro anime profondamente stampare il santo e salutare pensiero del Purgatorio!
Il Purgatorio mistero di misericordia.
Considerammo i rigori della divina giustizia nell'altra vita: incutono spavento e non è possibile pensarvi senza terrore. Quel fuoco acceso dalla divina giustizia, quelle pene dolorose, al cui confronto le penitenze dei santi e i dolori dei martiri sono ben poca cosa, qual anima credente potrà mai considerarli senza timore?
Salutare e conforme allo spirito di Gesù Cristo è questo timore. Il divin Maestro vuole che temiamo, e ché non solo temiamo l'inferno, ma il Purgatorio ancora, sorta d'inferno mitigata. Ed è per ispirarci questo santo timore che ci mostra la prigione del Giudice supremo, donde non si uscirà prima d'aver pagato l'ultimo quadrante (Matt., V, 26); e si può applicare al Purgatorio ciò che dice del fuoco della geenna: Non temete quelli che fanno morire il corpo e nulla possono sull'anima, ma temete colui che può gettare il corpo e l'anima nell'inferno (Matt., X, 28).
Tuttavia l'intenzione del Salvatore non è che abbiamo un timore eccessivo o sterile, quel timore che tormenta le anime e le abbatte, timore cupo e senza confidenza: no; vuole che il nostro timore sia temperato da una grande confidenza nella sua misericordia; vuole che temiamo il male per prevenirlo ed evitarlo; vuole che il pensiero delle fiamme vendicatrici stimoli il nostro fervore nel suo servizio, e ci induca ad espiare i nostri falli in questo mondo piuttosto che nell'altro. È meglio estirpare adesso i nostri vizi ed espiare i nostri peccati, dice l'autore dell'Imitazione, che aspettare ad espiarli nell'altra vita. Del resto, se ad onta del nostro zelo a ben vivere ed a soddisfare in questo mondo, abbiamo ancora fondati timori d'aver ad incontrare un purgatorio, dobbiamo guardare in faccia questa eventualità con una grande confidenza in Dio, che non lascia senza consolazione le anime che purifica coi patimenti.
Ora per dare al nostro timore questo carattere pratico e questo contrappeso di confidenza, dopo d'aver contemplato il Purgatorio nelle sue pene e nei suoi rigori, consideriamolo sotto un altro aspetto ed un altro punto di vista, quello cioè della misericordia di Dio. che vi risplende non meno della sua giustizia.
Se Dio nell'altra vita ai piccoli falli riserva terribili castighi, li infligge però sempre con un temperamento di clemenza; e nulla meglio del Purgatorio mostra l'adorabile armonia delle divine perfezioni, giacché la più severa giustizia vi si esercita nel tempo stesso colla più ineffabile misericordia. Se il Signore castiga le anime che a lui sono care, ciò proviene dal suo amore, secondo quelle parole: Io correggo e castigo quelli che amo (Apoc., III, 19). Con una mano li colpisce, coll'altra li guarisce, e loro abbondantemente offre misericordia e redenzione: Quoniam apud Domine misericordia, et copiosa apud eum redemptio.
Questa infinita misericordia del nostro Padre celeste dev'esser l'inconcusso fondamento della nostra confidenza e sull'esempio dei Santi sempre dobbiamo averla dinnanzi agli occhi. I Santi non la perdevano di vista, ed è perciò che il timore del Purgatorio loro non toglieva né la pace, né la gioia dello Spirito Santo.
S. Liduina, che tanto bene conosceva lo spaventevole rigore delle pene espiatrici, era animata da questo spirito di confidenza e sforzavasi d'inspirarlo agli altri. Un giorno ebbe la visita d'un pio sacerdote. Stando seduto presso il letto della santa inferma con altre virtuose persone, la conversazione cadde sulle pene dell'altra vita. Il prete, vedendo nelle mani d'una donna un vaso ripieno di grani di senapa, ne prese occasione per dire che tremava pensando al fuoco del Purgatorio; «tuttavia, aggiunse, vorrei trovarmivi per tanti anni quanti sono i piccoli grani in questo vaso: almeno allora avrei la certezza della mia salute. - Che dite mai, Padre mio? riprese la santa; perché così poca confidenza nella misericordia di Dio? Oh se sapeste meglio che cosa è il Purgatorio, quali tormenti vi si soffrono! - Sia quel che sarà il Purgatorio, riprese: io insisto su quanto ho detto».
Quel prete morì qualche tempo dopo e avendo le stesse persone che erano presenti alla sua conversazione con Liduina, interrogata la santa inferma sullo stato dell'anima sua nell'altro mondo, questa rispose: «Il defunto, per la virtuosa vita, si trova in buon luogo; ma starebbe. meglio, se di più avesse confidato nella passione di Gesù Cristo e se avesse avuto un sentimento più dolce intorno al Purgatorio».
In che consisteva la mancanza di confidenza dalla santa disapprovata in quel buon prete? Nel sentimento in cui era, esser pressoché impossibile il salvarsi, e non poter quasi entrar in Cielo che dopo innumerevoli anni di tormenti. Questa idea è falsa e contraria alla cristiana confidenza. Il Salvatore è venuto a portare la pace agli uomini di buona volontà, e ad imporci come condizione di salute un giogo soave ed un peso leggero. Epperò, sia buona la vostra volontà, e troverete la pace, vedrete svanire le difficoltà ed i terrori.
La buona volontà propriamente consiste nel sottomettere e conformare la nostra volontà a quella di Dio, che è la regola di ogni buon volere, e questo buon volere consegue la sua più elevata perfezione, quando si abbraccia la divina volontà come il bene supremo, anche allora che impone i più grandi sacrifizi, i più rigorosi patimenti. Cosa meravigliosa! l'anima per tal modo disposta sembra perdere il sentimento dei dolori. Da ciò consegue che quest'anima è compresa dello spirito d'amore, e, come dice S. Agostino, quando si ama non si soffre, o se si soffre si ama il soffrire: aut si laboratur, labor ipse amatur.
Questo cuore amante, questa buona e perfetta volontà, ben l'aveva il venerabile Padre Claudio de la Colombière, della Compagnia di Gesù, che nel suo Ritiro spirituale, esprimeva in questo modo i suoi sentimenti: «Non bisogna lasciar d'espiare colla penitenza i falli della propria vita; ma bisogna farlo senza inquietudine, poiché il peggio che possa avvenire, quando si ha buona volontà e che si è sottomessi alla obbedienza, è di rimanere lungo tempo in Purgatorio, e ben si può dire in buon senso che ciò non è un male assai grande.
«Io non temo il Purgatorio. Quanto all'inferno non ne voglio parlare; poiché farei torto alla misericordia di Dio temendo l'inferno meno del mondo, l'avessi pur meritato più di tutti i demoni. Ma il Purgatorio, ripeto, non lo temo; ben vorrei non averlo meritato, non potendo ciò avvenire senza dispiacere a Dio; ma poiché è una cosa fatta, son ben contento d'andar a soddisfare alla divina giustizia nel modo più rigoroso che mai si possa immaginare, ed anco fino al giorno del giudizio, So che orribili vi sono i tormenti, ma so che onorano Dio, e non possono perturbare le anime, essendo assicurato che non vi sarà mai opposizione alla volontà di Dio, che si avrà caro il suo rigore, anzi si amerà fino la sua severità, aspettando con pazienza che sia interamente soddisfatta. Per tal modo con tutto il cuore diedi tutte le mie soddisfazioni alle anime del Purgatorio, ed anzi ho ceduto ad altre i suffragi che dopo la mia morte per me si faranno, onde Dio sia glorificato nel Paradiso dalle anime che avranno meritato d'esservi innalzate ad una gloria più grande della mia».
Ecco fin dove va la carità, l'amor di Dio e del prossimo, quando s'impossessò d'un cuore: trasforma, trasfigura il patimento al punto da perdere la sua amarezza e cambiarsi in dolcezza. Quando, dice il libro dell'Imitazione, sarete giunti a trovar dolce la tribolazione ed a gustarla per amore di Gesù Cristo, allora credetevi felici, avendo trovato il paradiso sulla terra. Abbiamo dunque molto amor di Dio, molta carità, e poco paventeremo il Purgatorio: lo Spirito Santo dal fondo del cuore ci farà testimonianza, che essendo figli di Dio, non abbiamo a temere i castighi di un Padre.
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