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"Date a Cesare quel che è di Cesare"

  Secondo le diverse versioni del racconto, alcuni personaggi decisero di mettere in difficoltà Gesù chiedendogli se gli Ebrei dovessero o meno rifiutarsi di pagare le tasse agli occupanti Romani. Nel   Vangelo secondo Luca   si specifica che, evidentemente attendendosi che Gesù si sarebbe opposto al tributo, essi intendevano «consegnarlo all'autorità e al potere del governatore», che all'epoca era   Ponzio Pilato   e che era responsabile della raccolta dei tributi. I   vangeli sinottici   raccontano che gli interlocutori si rivolsero a Gesù lodandone l'integrità, l'imparzialità e l'amore per la verità, poi gli chiesero se fosse o meno giusto per gli Ebrei pagare le tasse richieste da Cesare. Gesù, dopo averli chiamati ipocriti, chiese loro di produrre una moneta buona per il pagamento   e poi di chi fossero nome e raffigurazione su di essa; alla risposta che si trattava di Cesare, rispose «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (il   Vang

Il Vangelo di oggi : "Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi."






Gv 20,19-23
19 La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22 Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23 A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».



Era proprio quel giorno lì, «lo stesso giorno» della resurrezione, t' h'méra ekéin' t' mîa sabbàt'n «il primo dopo il sabato». È il primo giorno dopo l'ultimo, quello che i primi cristiani hanno chiamato l'ottavo giorno, il giorno senza tramonto: l'inizio di un tempo nuovo.

Il Vangelo di Giovanni, pur molto attento alla cronologia dei fatti racconta l'evento pasquale come culminante della vita di Cristo; quello che i sinottici raccontano in una successione temporale più distesa, in Giovanni è concentrato nell'evento pasquale da cui tutto nasce e tutto si origina.

Dalla Croce Gesù fa dono del suo Spirito, dal suo fianco uscì sangue e acqua, ai piedi della Croce Maria e il discepolo che il Signore amava, sono fatti dono l'uno all'altro. Ciò che Adamo ed Eva avevano cercato di carpire dall'albero dell'Eden adesso è loro donato dall'albero della Croce.

Quello stesso giorno della Pasqua venne Gesù; soffiò: è lo stesso gesto del Dio creatore. Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente (Gn 2,7). Come Dio ha dato vita all'umanità, così il Cristo dà vita a una umanità ri-creata che è la Chiesa. Il parallelismo con la creazione scende più nel profondo. Nel racconto di Genesi Dio crea un essere unico che poi divide in maschio e femmina con una vocazione speciale: i due saranno un'unica carne (Gn 2,27), così la Chiesa pur nelle sue articolazioni e divisioni ha la stessa vocazione: perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità (Gv 17,22-23).

San Paolo parlando degli sposi afferma che questa unione è un grande mistero (Ef 5,32) dove mistero non vuol dire solo realtà nascosta, ma realtà talmente ricca che va al di là di quello che vediamo. Quello che vediamo è l'unione tra l'uomo e la donna e la realtà nascosta che il matrimonio ci rivela è l'unione tra Cristo e la chiesa.

Lo splendore del racconto Giovanneo sta nella forza che il Signore dona ai suoi fedeli con lo Spirito Santo: a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati. Fin dalla creazione si racconta la lotta di Dio con la realtà del peccato: più l'uomo scopre la propria libertà più si lascia affascinare dalle divisioni, dalla supremazia dell'uno sull'altro, non è sufficiente neppure essere fratelli (cfr. Caino e Abele). Tutta la storia della salvezza è l'impegno di Dio a liberare l'umanità da se stessa fino a giungere al dono pasquale della pace: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».

Alla comunità dei discepoli Gesù affida il discernimento sul peccato e il perdono. Ai cristiani è chiesto di confrontarsi con la fragilità e la debolezza dell'uomo che nel peccato si manifesta; non è questione di perdonare o di non perdonare - nel testo greco è usato il verbo aphé?ntai che significa liberare - non si tratta di emettere un giudizio ma di mantenere la propria libertà davanti al peccato. Il peccato più grande è proprio quello di lasciarsi conquistare dal peccato e perdere la propria libertà. Lo Spirito Santo è forza liberante capace di mantenerci liberi e di perdonare. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione (2Cor 5,22).


Lo Spirito Santo «oggi» ci chiede di guardare la nostra realtà storica per riconciliare le divisioni che feriscono questa nostra umanità che, colmo di amore, Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (Gn1,31).

Donaci il tuo spirito, o Gesù, affinché animati da Lui i nostri cuori siano uniti al tuo, e noi amiamo Dio e gli uomini come il tuo cuore li ama. Donaci il tuo spirito, o Gesù, affinché pieni della tua forza noi compiamo le tue opere; facciamo in tutto ciò che è più perfetto come tu l'hai fatto, obbediamo in tutto al Padre tuo come tu hai fatto in tutto la sua volontà. O Gesù donaci il tuo spirito, affinché ci animi come ha animato te, e ci faccia avere i tuoi pensieri, amare come tu hai amato, agire come tu hai agito, e così attraverso ciò imitarti, amarti, obbedirti perfettamente, o beneamato Gesù (C. de Foucauld).

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PENSIERI DEI SANTI : La devozione è possibile in ogni vocazione e professione

Nella creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna «secondo la propria specie» (Gn 1, 11). Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione. La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ciò non basta; bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli impegni e ai doveri di ogni persona. Dimmi, Filotea, sarebbe conveniente se il vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i cappuccini? Se l’artigiano passasse tutto il giorno in chiesa come il religioso e il religioso si esponesse a qualsiasi incontro per servire il prossimo come è dovere del vescovo? Questa devozione non sarebbe ridicola, disordinata e inammis

Il Demonio

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