Cosa significa il gesto di papa Francesco. È una storia che inizia a Fatima nel 1917 e arriva fino ai giorni nostri
Il direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, il 15 marzo ha dichiarato che «venerdì 25 marzo, durante la Celebrazione della Penitenza che presiederà alle ore 17 nella Basilica di San Pietro, papa Francesco consacrerà all’Immacolato Cuore di Maria la Russia e l’Ucraina. Lo stesso atto, lo stesso giorno, sarà compiuto a Fatima da Sua Eminenza il cardinale Krajewski, Elemosiniere di Sua Santità, come inviato del Santo Padre».
Quando Benedetto XVI andò in pellegrinaggio a Fatima il 13 maggio 2010 disse questa frase nell’omelia della Messa celebrata sulla immensa spianata dove la Madonna era apparsa ai tre pastorelli nel 1917: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa».
Come, il mistero di Fatima non si era concluso con la rivelazione della terza parte del segreto avvenuta nel 2000, sempre a Fatima, per volontà del Papa polacco e con il commento teologico dell’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, cardinale Ratzinger?
Ma proviamo a ricostruire per i tanti giovani che poco conoscono di questa storia.
La Madonna appare nel 1917 a tre pastorelli per sei volte, da maggio a ottobre. Ricorda l’esistenza dell’inferno dove finiscono i peccatori e la tragedia del comunismo che la Russia avrebbe diffuso nel mondo, e lo fa poco prima dell’inizio della Rivoluzione bolscevica. Per rimediare a questa drammatica situazione invita alla preghiera e alla penitenza e alla diffusione della devozione al Suo Cuore Immacolato.
C’è anche una terza parte del segreto, che verrà rivelata per volontà di Giovanni Paolo II soltanto nel 2000, con tanto di commento teologico del cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. In questa terza parte del segreto, Maria rivela il martirio della Chiesa nel XX secolo e in particolare la morte del «vescovo vestito di bianco», il papa, con chiaro riferimento all’attentato del 13 maggio 1981. Tuttavia Giovanni Paolo II non morì in quella circostanza perché una «mano materna», come disse lui stesso proprio a Fatima l’anno successivo, il 13 maggio 1982, aveva deviato la pallottola salvandogli la vita e permettendogli di portare la Chiesa nel Terzo Millennio.
Veniamo all’aspetto geopolitico. Parto da una citazione del cardinale Pietro Parolin, il segretario di Stato vaticano: «Purtroppo, bisogna riconoscere che non siamo stati capaci di costruire, dopo la caduta del Muro di Berlino, un nuovo sistema di convivenza fra le nazioni, che andasse al di là delle alleanze militari o delle convenienze economiche. La guerra in corso in Ucraina rende evidente questa sconfitta».
Con la caduta del Muro di Berlino, l’assetto del mondo è radicalmente cambiato. A Fatima la Madonna aveva annunciato che la Russia avrebbe «diffuso i suoi errori nel mondo», che avrebbe provocato tanta sofferenza a uomini e nazioni, ma che infine si sarebbe convertita. A questo scopo chiese ripetutamente che il Santo Padre consacrasse in comunione con tutti i vescovi del mondo la Russia e il mondo al Suo Cuore. Evidentemente qualcosa è successo.
La consacrazione di Giovanni Paolo II del 25 marzo 1984, in piena Guerra fredda, fatta in comunione con i vescovi (io stesso potei assistere nella chiesa di San Celso a Milano alla consacrazione in contemporanea del cardinale Carlo Maria Martini, allora arcivescovo di Milano) è stata accolta dal Cielo, dirà suor Lucia, l’unica dei tre veggenti rimasta in vita, nonostante il Papa non avesse pronunciato esplicitamente la parola Russia ma l’avesse fatto capire con un richiamo a quei popoli che hanno un particolare bisogno della protezione di Maria.
Consacrare, nel contesto della fede cristiana, è una cosa seria. Significa separare dal mondo e affidare a Dio qualcosa, in questo caso due nazioni. Nel caso della Russia, significa reiterare un gesto già compiuto e sta a significare quanto detto da Benedetto XVI, che il mistero di Fatima non si è esaurito e riguarda anche il futuro.
Nel caso dell’Ucraina, consacrarla vuol dire affidare quel popolo alla protezione divina mentre si trova nella prova drammatica di un’aggressione militare da parte di un esercito molto più forte.
Consacrare Russia e Ucraina insieme significa ricordare ai due popoli le loro comuni radici cristiane, grazie alla conversione del principe Vladimiro avvenuta proprio a Kiev nel 988.
Consacrare due nazioni in conflitto oggi significa ricordare che il mistero di Fatima riguarda anche il mondo post 1989. La caduta del Muro di Berlino, infatti, non ha posto fine alla storia, ma la ha resa molto più complessa. Il mondo è passato da un sistema bipolare fondato sulla contrapposizione fra l’Occidente e il mondo comunista a un sistema multipolare, dove sono diventate protagoniste altre realtà, come la Cina, l’India e l’islamismo radicale.
Alla Guerra fredda non è seguita la pace, ma una serie continua di guerre locali, una «guerra mondiale a pezzi» come la ha definita papa Francesco, dominata dall’esplodere degli egoismi nazionalistici. In questo contesto è esplosa la crisi ucraina, frutto di una diplomazia deficitaria e di un nazionalismo imperialista che si è lasciato sedurre dal mito anticattolico della Terza Roma.
La consacrazione del 25 marzo ci ricorda che solo Cristo è il Signore della storia e soltanto la conversione dei popoli può avvicinare il traguardo della pace. Può soprattutto ricordare a noi cattolici che il Messaggio di Fatima è sempre valido e il Cuore di Maria è sempre disponibile a elargire le Grazie che le venissero richieste.
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