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"Date a Cesare quel che è di Cesare"

  Secondo le diverse versioni del racconto, alcuni personaggi decisero di mettere in difficoltà Gesù chiedendogli se gli Ebrei dovessero o meno rifiutarsi di pagare le tasse agli occupanti Romani. Nel   Vangelo secondo Luca   si specifica che, evidentemente attendendosi che Gesù si sarebbe opposto al tributo, essi intendevano «consegnarlo all'autorità e al potere del governatore», che all'epoca era   Ponzio Pilato   e che era responsabile della raccolta dei tributi. I   vangeli sinottici   raccontano che gli interlocutori si rivolsero a Gesù lodandone l'integrità, l'imparzialità e l'amore per la verità, poi gli chiesero se fosse o meno giusto per gli Ebrei pagare le tasse richieste da Cesare. Gesù, dopo averli chiamati ipocriti, chiese loro di produrre una moneta buona per il pagamento   e poi di chi fossero nome e raffigurazione su di essa; alla risposta che si trattava di Cesare, rispose «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (il   Vang

Il senso della Vita per un cristiano


 

La vita ha un senso solo se si ammette l'esistenza di qualcuno che abbia creato l'universo e l'uomo e li mantenga nell'esistenza secondo un progetto ben preciso che egli realizza con potenza, con sapienza e con bontà infinita.

Al creatore di tutto gli uomini danno il nome: Dio.

Se si negasse l'esistenza di Dio la vita risulterebbe senza senso e non troverebbero risposta le profonde domande dell'uomo:

Chi sono? Da dove vengo? Dove vado?

Il progetto di Dio su di noi equivale al progetto per cui egli ci ha creati.

Per scoprire questo progetto e quale sia il senso della vita, occorre conoscere il fine per cui Dio ci ha creati.

Il Concilio Vaticano II afferma che:

"La comunione di Dio con gli uomini e degli uomini con Dio e fra loro in Cristo, costituisce il fine della vita".

La comunione con Dio e con gli uomini, fine per cui siamo stati creati, consiste:

a) Nel fedele e gioioso compimento della volontà di Dio

b) Nell'essere per l'altro

c) Nell'essere con l'altro

Come ha fatto Gesù che ha condiviso la nostra vita venendo ad abitare tra noi, che ha detto che suo cibo era fare la volontà del Padre e che ha dato la sua vita per salvarci.

Distinzione tra il fine della vita e i fini intermedi

Vivere in Dio, per Dio e con Dio, vivere nell'amore fraterno è il fine unico della vita.

Gli altri fini dell'uomo, anche buoni e che vanno conseguiti, sono sempre fini umani intermedi, che vanno ordinati tutti al fine unico dell'esistenza, che è l'intima unione con Dio e l'amore fraterno.

Il raggiungimento del fine ultimo equivale al raggiungimento della salvezza

È salvato chi raggiunge il fine per cui è stato creato: cioè chi conosce, ama e serve Dio, chi vive per Lui, con Lui e in Lui e ama i fratelli del Suo amore.

Questo a cominciare da questa terra e poi in Cielo, dove l'amore a Dio e in Dio sarà perfetto per tutta l'eternità.

Il fine soprannaturale

Il fine soprannaturale dell'uomo è la visione beatifica di Dio nel santo paradiso.

Tale fine, che supera in modo essenziale ogni nostra capacità ed esigenza, è un dono assolutamente gratuito del Signore, che, nella sua infinita bontà, ha voluto elevarci a uno stato di superiore grandezza.

Anche nell'ordine naturale Dio sarebbe stato il nostro fine ultimo, ma ciò non avrebbe superato le nostre capacità intrinseche e si sarebbe realizzato mediante una conoscenza e un amore proporzionato alle nostre doti e possibilità.

Nell'ordine soprannaturale, invece, l'uomo, al termine della sua esistenza terrena, spezzate le barriere della natura, non conoscerà più Dio come semplice creatura, ossia "per speculum in aenigmate", in modo indiretto e confuso, qual è riflesso pallidamente nelle sue opere, ma come figlio vedrà Dio in Se stesso:

"faccia a faccia" ( 1 Cor 13,12 );

"qual Egli veramente è" ( 1 Gv 1,2 ), in una visione diretta, che è intuizione immediata della stessa Essenza Divina.

A tale conoscenza soprannaturale, senza veli e senza ombre, seguirà anche un amore trascendente, che nulla potrà turbare o distruggere.

Dio diventa così realmente il nostro termine e il nostro possesso supremo, e il nostro essere riceve la sua perfezione e la sua pienezza dalla perfezione e dalla pienezza stessa di Dio.

È la vita eterna promessa da Cristo a quanti credono e vivono in Lui, e che formerà per sempre il nostro gaudio e la nostra felicità.

La grazia

La visione beatifica è l'ineffabile partecipazione della vita intima di Dio riservata in cielo agli eletti.

Essenzialmente essa è un dono ma è anche un premio e una conquista e negli alti disegni della infinita bontà e sapienza del Signore, è preceduta sulla terra da una fase di preparazione e di attesa, costituita dalla grazia.

La grazia è il germe della vita eterna;

è anzi essa stessa partecipazione soprannaturale della natura e della vita di Dio ( 2 Pt 1,4 ), ed è anche il mezzo necessario per meritare l'eterna felicità.

Così negli amorosi disegni di Dio, ansioso di comunicare all'uomo i suoi doni soprannaturali, la vita terrena è elevata allo stesso piano del termine e l'uomo, rigenerato dalla grazia, diventa la "nuova creatura", trasformata intimamente nell'essere e nell'agire.

Per mezzo della grazia, difatti, noi siamo costituiti "figli adottivi" di Dio:

elevazione meravigliosa, che ci permette di chiamare Dio col dolce nome di Padre ( Rm 8,15 ) e ci dà il divino potere di convertire ogni nostro pensiero o atto in opera degna di vita eterna.

Alla grazia santificante sono unite le virtù infuse, i doni dello Spirito Santo, le grazie attuali, che costituiscono il nostro "organismo soprannaturale", ordinato a un'attività superiore avente valore di merito in ordine al premio eterno.

Per le anime innamorate di Dio, la grazia è il preludio del santo paradiso.

In effetti, essa è l'anticipazione meravigliosa di quella unione vitale di pensiero e di amore, che ha la sua attuazione piena e perfetta nella patria celeste.

Il valore della vita

Nella luce cristiana, la vita, ancorata in Dio e protesa verso di Lui come verso il suo ideale e il suo termine, possiede un valore e una dignità altissima.

Manifestamente, l'uomo è grande per lo spirito immortale che lo anima, e per le meravigliose doti d'intelligenza, di volontà e di cuore che lo pongono al vertice della natura sensibile, costituendolo "re del creato".

Ma la sua grandezza vera, sovrana, è data dalla grazia, che lo rende figlio di Dio, e dal fine soprannaturale, che il Signore gli ha riservato di là da questo pellegrinaggio terreno.

In un certo senso, l'uomo vale quanto vale Dio, perché Dio dovrà essere il suo possesso e la sua beatitudine eterna.

Chi vive nell'abbrutimento dei sensi o nella schiavitù delle povere cose di questo mondo, non potrà mai comprendere la grandiosità e la bellezza di questo ideale divino;

ma chi ha il cuore puro e l'animo libero sa che tendere al perfetto possesso di Dio è la meta più alta e insieme più feconda a cui l'uomo possa aspirare.

In questo ideale nessuno dei valori umani è negato o mortificato;

essi, anzi, sono mirabilmente elevati o potenziati perché volti al valore supremo, che è Dio.

Senza dubbio si richiedono molti sacrifici, ma il premio che ci attende vale bene ogni sforzo ed ogni rinunzia: è Dio stesso, che si darà a noi in un amore e in una felicità senza confini.

La tendenza irreprimibile dell'uomo verso l'infinito

È un fatto innegabile di esperienza universale connesso con la nostra natura razionale, la tendenza spontanea, istintiva, irreprimibile, verso un bene capace di soddisfare tutti i nostri bisogni e le nostre aspirazioni e di dare al nostro spirito la perfezione e la felicità.

Un secondo fatto, non meno innegabile, è che nessuna cosa al mondo riesce a saziare i nostri desideri e le nostre facoltà e a dare pace e riposo al nostro spirito inquieto.

Qual è il motivo profondo di questa inadeguatezza insanabile tra il sogno e la realtà, tra le cose che ci circondano e il nostro spirito?

La ragione è evidente: l'uomo, per quanto limitato nel suo essere e nelle sue facoltà, si protende irresistibilmente verso l'infinito, trascendendo col desiderio l'insufficienza la relatività delle creature.

Non è né può essere dunque ordinato a un bene creato, necessariamente limitato e imperfetto:

il fine supremo è Dio, che, infinitamente perfetto, è solo capace di saziare le sue illimitate aspirazioni e di attuare in pieno la sua perfezione specifica di essere razionale.

Ciò che si oppone al progetto di Dio è il peccato. Dio lo distrugge.

Il peccato è il rifiuto di Dio, il rifiuto della comunione con Lui e della sua amicizia.

Il peccato è il rifiuto dei comandamenti dell'amore che Lui ci ha dato, è il rifiuto del Suo progetto su di noi.

Con il peccato l'uomo fa una scelta: sceglie di separarsi da Dio, di non essere Suo figlio.

Con la Sua Incarnazione - Passione - Morte e Risurrezione Cristo ha distrutto ogni peccato, rendendo possibile, a chi lo vuole, di ritornare ad essere figlio di Dio.

Dio, che è amore, dona sempre il suo perdono a chi è veramente pentito.

Qualsiasi peccatore pentito potrà ritornare ad essere suo figlio e nella sua amicizia, basta solo che dia a Gesù i suoi peccati, perché li distrugga, e si impegni, con il suo aiuto, a vivere i comandamenti dell'amore.

L'uomo è libero di accettare o respingere i doni di Dio

Dio, che ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, gli partecipa, se lo vuole, anche ciò che lui stesso è, e cioè la sua natura divina che è amore, vita, luce, e gioia piena e perfetta.

Questo dono, che oltrepassa lo stato di natura umana, l'uomo non lo può in alcun modo esigere;

ciò che l'uomo può esigere è quello di essere conforme alla sua natura.

Partecipare alla natura divina è un dono meraviglioso, inimmaginabile e gratuito che Dio fa all'uomo per puro amore.

L'uomo che accetta l'amore di Dio ed è disposto a riamarlo è reso nientemeno che suo figlio, membro della sua famiglia, partecipe della sua pienezza e beatitudine.

Questo è il progetto di Dio sull'uomo, ed è un progetto così grande e meraviglioso che riempie di stupore il Cielo e la terra.

Questo è il fine per cui l'uomo è stato creato, e perché egli possa conseguirlo Dio gli dà tutti gli aiuti di cui ha bisogno.

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